sabato 27 novembre 2010

La storia di una goccia di mare

La bufera imperversava su tutta la pianura, le raffiche di vento tagliavano i campi e le boscaglie, il blizzard urlava la sua rabbia contro le case, che come terrorizzate sembravano stringersi ancora di più l'una con l'altra. La neve sibilava nell'aria, una neve secca e gelata, che attecchiva ovunque il vento avesse voglia di schiantarla. E proprio in un cumulo nevoso, precariamente ghiacciato contro la porta di una vecchia casa, troviamo il protagonista della nostra storia. Un timido fiocco di neve, che ormai a dir la verità sembrava più ghiaccio che neve, con una lunga avventura da raccontare.

Perché sembrerà strano, ma il nostro fiocco di neve molto prima di prendere parte all'attacco barbaro che abbiamo appena descritto, era solo una goccia di acqua marina, sdraiata e sonnolente nel Mar Mediterraneo. Se ne stava infatti lì da anni: ogni tanto qualche mareggiata la spostava di qualche chilometro; ma per il resto la sua occupazione preferita era quella di sonnecchiare sulla superficie del mare. Anzi, non proprio sulla superficie, perché quello era il posto riservato a chi doveva andarsene, facile preda della vaporizzazione che durante le ore più calde rapiva quante più gocce possibile, per poi trasportarle lungo i moti ascendenti della convezione verso la troposfera.

Ah, no! La nostra eroina preferiva la vita tranquilla e sicura della goccia marina.
In fondo non si correvano pericoli, non si subiva quella umiliante trasformazione in gas e non si rischiava di trovarsi sballottati dai venti all'interno di qualche terribile cumulonembo, coi suoi assurdi moti ascendenti e discendenti, che avrebbero fatto impazzire anche la più sana delle gocce marine! Dormire, poltrire, sonnecchiare, oziare, appisolarsi, bighellonare, starsene con le mani in mano: ecco il massimo della felicità!

Ed invece, come sempre nella vita, accadde l'imprevedibile.
Un enorme balenottera azzurra virò improvvisamente verso il braccio di mare dove la nostra goccia poltriva placidamente. All'inizio non si accorse di nulla, sembrava solo un'onda anomala, un po' più grande delle altre. Ed invece, in un attimo, si ritrovò risucchiata da una forza immane verso l'enorme bocca della balena. Il terrore si impadronì della nostra goccia: ritrovarsi inaspettatamente prigioniera di un luogo chiuso. Mai aveva sperimentato una emozione simile. Il buio, il caos, le urla delle altre gocce, la paura dei pesci, tutto sembrava disporre al peggio, quando all'improvviso una nuova forza immane risucchiò l'acqua contenuta nella bocca della balena verso lo sfiatatoio.

Il violento spruzzo che ne seguì non segnò di certo la fine della spiacevole avventura per la nostra eroina, ma piuttosto l'inizio del suo lungo cammino verso la grande bufera che abbiamo descritto all'inizio. Infatti lo spruzzo della balena rese per pochi instanti vulnerabili le gocce al calore del sole. Distanti dalla placida e sicura distesa marina, le gocce si ritrovarono alla mercé dei raggi solari e fu proprio allora che avvenne la metamorfosi: la goccia d'acqua marina si trasformò in una evanescente molecola di H2O. Vapore acqueo, per intenderci.

Mal di testa, sensazione di svenimento, attacco di panico: e come darle torto. Passare così, da un momento all'altro dallo stato liquido, così rassicurante e avvolgente, allo stato gassoso, così evanescente e totalmente in balia di qualunque brezza o spiffero d'aria. La nostra goccia, ops, la nostra molecola di vapore acqueo non fece nemmeno in tempo a provare ad abituarsi alla nuova condizione, che venti impetuosi e per nulla rassicuranti la trascinarono insieme ad altri miliardi di molecole verso la terraferma.

Non poteva saperlo, ma era finita dentro ad un ciclone extratropicale, di quelli che regolarmente si formano alle latitudini medie. Quest'ultimo però era di proporzioni notevoli e presentava valori pressori davvero bassi. Insomma, si trattava di un vortice ciclonico di tutto rispetto, e si stava dirigendo, come abbiamo già detto, verso le terre della penisola italica. Ma non erano solo i forti venti a preoccupare la nostra molecola di vapore acqueo: l'aria all'interno del vortice era freddissima. Cosa mai le sarebbe potuto accadere, lo sapeva solo il Dio della pioggia e delle acque.

Destino voleva che il vortice fosse nato dallo scontro tra masse d'aria di origine artica e masse d'aria molto più miti, stanziali nel Mediterraneo centrale. Mentre si trovava trascinata verso l'alto e ricacciata verso il basso, in una continua ed infinita girandola di moti ascendenti e discendenti, la molecola di vapore acqueo subì la sua seconda trasformazione. Le accadde una cosa incredibile: sublimò! Già la parola incute timore. Ma sarebbe più corretto dire che subì un processo di brinamento. In effetti le temperature bassissime che si trovavano sulla parte medio-alta delle nubi vorticose la trasformarono in ghiaccio saltando il passaggio dell'acqua.

Ma come: dal gassoso al solido, così, senza nemmeno un piccolo ristoro liquido?
E non è che potesse chiedere ai vicini: si trattava infatti di piccolissimi pezzetti di ghiaccio sopraffuso, provenienti dalle regioni artiche, che si esprimevamo in suoni gutturali secchi e brevi, assolutamente incomprensibili per la povera goccia, anzi molecola, anzi scusate cristallo di ghiaccio originario del Mediterraneo. Ed era un continuo dar di cozzo, scontrarsi con questo e con quello, chiedere scusa in francese e sentirsi rispondere in islandese, ritrovarsi abbracciati ad un cristallo norvegese e subito dopo venire ricacciati da uno scossone verso un morbido cristallo napoletano. Insomma, il caos assoluto!

Il nostro cristallo ormai aveva capito che lo scopo di questi violenti scontri era quello di unire insieme più pezzetti di ghiaccio per poter costituire una forma più grande e piacevole alla vista: il fiocco di neve. E così decise di arrendersi al destino e di partecipare attivamente a questa danza d'amore tra i vari corpuscoli ghiacciati, di tutte le dimensioni. Trovò subito una piacevole dendrite spagnola, con cui non disdegnò di congiungersi. Ma neppure il tempo di coronare le nozze appena avvenute come si deve, che un rozzo prisma frisone si fuse con la coppietta trasformando un delicato fidanzamento in una ammucchiata barbara e incivile. Tanto che giunsero altri cristalli, piastre esagonali, prismi, dendriti, grani di ghiaccio. Oramai non era più una famiglia, era diventato un clan!

E così nacque il fiocco di neve che si trovò, suo malgrado, a partecipare alla razzia barbarica sopra descritta. Non appena il vortice trovò sulla sua strada una catena montuosa, iniziò la bufera, il blizzard, il turbine, la burrasca ghiacciata, il ciclone che sconvolse il paesino di montagna per qualche ora.

Ed ora eccolo lì, il nostro fiocco di neve, amalgamato e ormai indistinguibile con altri cento pezzi di ghiaccio, di ogni etnia e di ogni forma. Ma già sta uscendo il sole, il caldo sole mediterraneo, e già il nostro fiocco di neve inizia a sentirsi di nuovo se stesso. Una nuova forza lo sta slegando dal barbaro clan e di nuovo sente che sta per iniziare il suo viaggio verso il mare.


Aldo Meschiari



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